L’ orecchio destro otturato da 7 giorni ormai, potrebbe avere un significato simbolico?
Irene, una counselor già in azione, mi ha chiesto al residenziale: “Cosa non vuoi sentire o ascoltare?”
Sono rimasta colpita da questa domanda. Ci ho riflettuto un bel po’. E forse una risposta ce l’ ho… Non voglio ascoltare le voci del governo o del condominio interiore. Voglio ascoltare solo la mia voce interiore, quella che ha le intuizioni più belle.
E forse questo fischio che come un ululato si propone al mio orecchio destro, vuole gridare la sua appartenenza. Vuole dirmi ora basta ascolta te stessa. E fallo senza giudicarti troppo.
Questo è un discorso molto ampio. Ovvero io per diventare counselor sto faccendo un durissimo lavoro su di me. Solo così potrò viaggiare assieme ai miei ipotetici clienti. Ora al momento, sono io il mio cliente!
Dicevo è un lavoro duro il mio. Un lavoro dove ho dovuto abbassare le resistenze. Dove ho dovuto abbassare il mio giudizio. Dove ho dovuto tirar fuori quella parte incazzata che per troppo tempo era rimasta zitta. Ho usato il verbo dovere, lo so, un’ aspirante counselor non lo fa. Io l’ ho fatto, altrimenti, non avrei preso in mano l’ incarico di lavorare su di me.
Per cui torniamo al Superio, Quello che giudica, quello che sputa sentenza. Quello che dice: è giusto è sbagliato! Le regole sono fondamentali in una Società come la nostra. Le norme sono importanti in una Società, come la nostra. L’ educazione famigliare ha bisogno di no, e di regole. Ovvio che non si butta via niente. E’ tuttavia necessario non abusarne. Le regole irrigidiscono. Le regole paralizzano. Le regole allontanano.
Ed è qui dopo averlo consapevolizzato, il passo successivo. Ovvero è, dedicarsi all’ accoglienza. A quella vera. E non a quella sto con te 2 minuti, ti accolgo, e poi me ne vado guardando il telefonino o pensando ad altro. No… Io ti ascolto, ti vedo, ti comprendo…
Molto spesso alcuni di noi si lamentano di questo e di questa altro. Poi arriva uno, che ci dice… Fai così e così con tono stanco delle sue lamentele…
Beh in quel preciso istante, non ci sentiamo accolti ma anzi, ci sentiamo condannati, sotto processo. Valutati. C’ è molto da riflettere su questo. Soprattutto per coloro che hanno ricevuto un’ educazione piena di regole.
I genitori dei genitori, dei genitori, regole, regole, regole e così via.
Insomma forse questo voleva dirmi l’ orecchio destro. Essere più flessibile, ascoltare meno le voci di condominio, e lasciare andare. Magari prendere spunto da una persona ribelle. E chiedere di fare uno scambio. Ti passo un po’ delle mie regole e tu un po’ della tua libertà.
Fondamentalmente noi agiamo come ci hanno insegnato e come abbiamo visto fare. Altrimenti non riprodurremmo certi modelli. E’ necessario tornare un attimo all’ innocenza dei bambini. I bambini che hanno le loro regole. Bambini giocosi e spontanei, che sanno quando vogliono essere guidati.
Pensiamo per un attimo a questa frase:
Cercavo grazia, ho ricevuto giustizia…
E’ sinonimo di accoglienza?
Ditemi la vostra. Vi aspetto. Io sono un’ aspirante counselor che crede molto nella sua formazione. Sia che ne faccia una professione futura, sia che lo faccia per se stessa. Quello che voglio è sviluppare è l’ accoglienza. Quella vera, quella autentica. per me e per chi verrà da me.
Per il momento resto in ascolto! Con accettazione incondizionata. Nella congruenza. Con empatia.
Un abbraccio!
Sarah