Cecità Emotiva e Counseling in Campo

Inizio questo mio post con il dire che il titolo per metà è dedicato all’ omonimo libro di Alice Miller (Il risveglio di Eva. Come superare la cecità emotiva). Una psicologa, psicoanalista e saggista svizzera. E’ un testo che ho deciso di scegliere per farne una relazione. Un testo del terzo anno. Penserai e perché inizi dal terzo anno visto che ti mancano alcuni del primo e altri del secondo? Beh perché per me i libri ti scelgono. Ti chiamano. Loro hanno un messaggio da darti e non un ordine con cui leggerli. Per me almeno è così.

Il counseling è un processo di crescita personale, e non ha un ordine preciso. Certo ci sono criteri da seguire, ma poi sei tu che ti specializzi in base a cosa hai bisogno. Insomma come dire fai con quello che hai, e con quello che c’è.

Dicevo, cecità emotiva, il titolo del mio post. Come sai, se mi segui da un po’, ho un problema di vista dalla nascita. Sono nata con toxoplasmosi congenita (Corio retinite). Questo comporta una visione delle cose ridotta. Visione intesa come vedere, come tutti. O ancora, non ho 10 o 11 decimi. Così ho deciso di iniziare una ricerca su questa mia problematica. Su questa mia difficoltà. Su questo mio handicap…

Qualche giorno fa,, forse un mese, ho avuto un’ insight. Ho pensato: mi sto diplomando in Artcounseling, ho finito il mio primo tirocinio sulla violenza sulle donne, e adesso? Cosa potrebbe interessarmi? Cosa potrebbe farmi esplorare il mio stile? Come posso e in che campo, aiutare gli altri?

E bene, ho pensato a me stessa. Al mio problema di vista. Ho navigato su internet e mi sono imbattuta su disabilità e counseling. Più nello specifico nel nome della dottoressa Zaira Raiola. Counselor Tiflologica dice lei, che opera tra le altre cose all’ Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti a Roma. Guardando  la sua intervista su you tube, ho avuto un colpo al cuore. Voglio conoscerla! E così è stato. Ci siamo scritte. Ci siamo sentite per telefono. Ci siamo viste! Ci siamo strette la mano. Ci siamo ascoltate.

Sono appena tornata dall’ UICI di via Mentana 2B di Roma. Sono ancora emozionata.

Lei è Zaira, oggi ha i capelli corti. E’ così come l’ hai vista nel video. Solare, fresca, che fa molte cose. Inizia a farmi domande per conoscermi meglio. Mi dice subito che potremmo parlare di qualità della vista e non di quantità. Che le percezioni, sono diverse per tutti. Che il campo visivo suo è diverso dal mio. E gli oculisti dovrebbero prima leggere la cartella o fare domande invece di irritarsi se non riusciamo a vedere il puntino quando non schiacciamo, come prevede l’ esame.

Si dibatte su cosa significa vedere? E non vedere? Sono punti di vista, i campi visivi sono diversi. Qual è la tua percezione? Bisogna andare per gradi. Con tutti i sensi. E poi ancora, Chi è che non accetta la disabilità, i genitori o i figli? Come aiutare un non vedente a fare un lavoro Espressivo con strumenti diversi dagli altri?

Su quest ultimo caso che lei mi racconta rimango estasiata. Un lavoro espressivo fatto dal non vedente ad opera d’ arte. Aveva rappresentato un calendario di oggetti. Dove ogni mese era rappresentato un oggetto, che stava a simboleggiare un ricordo del figlio. Un oggetto, un ricordo, un mese. Aveva elaborato il tutto tramite l’ uso del tatto e del ricordo. Come a dire che Zaira, counselor, in questo laboratorio espressivo, non aveva aiutato il genitore come voleva lui e cioè sostituendosi, gli aveva fatto sperimentare altri strumenti.

Zaira mi dice che la cecità, l’ ipovisione, può unirsi ad altre problematiche, come non vedere ed essere sordi. Non vedere e stare su una sedia a rotelle….

Zaira mi suggerisce di entrare per gradi in questo mondo, visto che io sono circondata da normodotati, o almeno sono attorniata da chi non ha la mia stessa difficoltà visiva. Mi suggerisce di dare un nome a questa mia difficoltà. E di presentarmi subito come ipovedente. Dare un nome alle cose e fare con quello che c’è.

Zaira mi dice che qualcosa insieme possiamo pensare di fare. Per esempio iniziamo a parlare, a conoscerci meglio e a progettare. Mi dice che sente la mia motivazione. Sente che non è solo una questione di ore di tirocinio. Sente che ho bisogno di un pre-contatto che vada per gradi.

Zaira mi racconta che le risonanze con eventuali clienti potrebbero essere forti e che quindi è bene fare un lavoro su di sé con Supervisione. In seguito se il progetto si farà, mi affiancherà.

Sono stata come dire, felicissima, di questo incontro. Mi sono sentita compresa a 360 gradi. Non abbiamo lo stesso handicap, ma abbiamo in comune una qualità visiva, e il fatto che vogliamo farne un’ opportunità per aiutare. Lei lo chiama counseling tiflologico… 😉

Così la cecità emotiva, qui, prende un significato diverso rispetto a quello di Alice Miller. Qui voglio dire che è necessario lasciarsi andare e trasformare quello che la vita ci riserva. I genitori danno ai loro figli la vita, fanno quello che possono rispetto a quello che anche loro hanno ricevuto dai loro genitori. Poi sta a noi decidere cosa farne. Si può piangere, ci si può disperare e poi? A cosa ci porta? Così ho deciso di dare un nome, di dare un senso, e di andare per gradi. E poi? E poi a ognuno il proprio punto di vista. Ognuno guardando in faccia la propria emozione che il corpo porta con sé, senza nascondersi più.

Ha senso?

“I bambini che sono in grado di sentire imparano a parlare senza particolare sforzo. Catturano al volo le parole che cadono dalle labbra altrui, così come sono, felicemente, mentre i piccoli bambini sordi devono intrappolarle attraverso un processo lento e spesso doloroso. Ma qualunque sia questo processo, il risultato è meraviglioso. Gradualmente, partendo dal dare un nome ad un oggetto, avanziamo un passo alla volta, finché abbiamo colmato la vasta distanza fra la nostra prima sillaba balbettata e l’ampiezza del pensiero di un verso di Shakespeare. “

Helen Keller

Grazie Zaira.

E forse chissà dai nostri campi visivi ne nascerà un mandala. Non vedere, o non vedere bene, non è vedere nero. Almeno non solo. Come dice Zaira, potrebbero essere un mix di colori. Come un arcobaleno…

 

 

2 pensieri su “Cecità Emotiva e Counseling in Campo

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