Spuffoncello, era un aquilone colorato e cicciottello. Un aquilone che sognava, sognava di volare. Solo che la sua cicciosità glielo impediva. “Ma perché mi hanno costruito così?” Borbottava tra sé e sé, come la caffettiera Giacomina che, aveva incontrato il giorno prima.
Mentre Spuffoncello, si abbacchiò e si abbioccò, stropicciato, addosso a sé, dei bambini sghignazzavano: “Guardate, un aquilone che non vola e pure ciccione. Ahahah!” Sentendo queste grida Spuffoncello si svegliò tramortito, si sentiva pieno di anselmoira, l’armesica che provava nel dormire, scomparve. Lo stavano prendendo in giro. Gli ricordava, quando il bambino mentre lo costruiva, lo stuzzicava. Si intristì.
Questa tristezza durò per qualche giorno. Si sentiva moscio, trascinava la sua coda qua e là nel parco. Gocce di lacrime bagnarono a cascata, la carta colorata che lo vestiva. I colori sparirono. E all’ improvviso, il grigio, come le nuvole minacciose della pioggia, scappate dal cielo.
Forse piangendo era dimagrito. E poi non mangiava da giorni… Forse la speranza era vicino a lui. Eh sì, Spuffoncello alzò lo sguardo. Le nuvole erano tornate bianche e danzavano, facendo compagnia al cielo, di nuovo. Spuffoncello sorrise. La gioia lo sollevò.
Gaetano il bambino cicciottello si svegliò, tra lacrime e sorrisi. Aveva fatto un sogno dispettoso. Promise a se stesso che non avrebbe più preso in giro il suo aquilone e che avrebbe continuato a giocare con i suoi colori. Spuffoncello rincuorato strizzò l’occhio alle nuvole, cullate dal cielo. Finalmente pace.